Angoscia.
Se mi chiedessero che sensazione mi ha suscitato questo libro, è la parola che userei: angoscia. Fin dalle prime pagine si avverte un certo disagio. È come assistere alla danza di nuvole che pian piano si riuniscono, si addensano. Sai che arriverà il temporale, ne cogli tutti i segnali, ma aspetti per minuti, ore, e alla fine giunge con tutta la sua potenza. Pioggia che sporca e purifica allo stesso tempo. Tensione prima, energia primordiale durante, quiete dopo. Qui, però, il dopo resta incerto. Ognuno vi leggerà qualcosa di diverso.
La storia non è originale. Di rapporti tra madri e figli sono stati scritti fiumi di parole. Va dato merito, all’autrice, di averne reso in maniera cruda e dolorosa, le falle, i buchi neri.
Ada ed Elisa sono due donne complesse, decisamente poco empatiche. Una sera si incontrano a cena per il compleanno di Elisa, figlia ingabbiata. “Una volta qualcuno le aveva detto (forse la psicologa della scuola) che lei si sentiva come se avesse una specie di gobba sulla schiena, da tenere nascosta. Avrebbe potuto usare la parola corno, verruca, bubbone” (Pag. 126). Tutto sembra filare liscio anche se la conversazione è monca, priva di pathos. Camminano sulla porcellana, attente entrambe a non spezzare un equilibrio che è pura finzione.
Al rientro a casa, Ada va a fare un bagno e si addormenta. Al risveglio capisce che qualcosa non torna, è chiusa a chiave ma non la trova, prova in tutti i modi ad uscirne, ma alla fine è costretta a chiamare i vicini, quelli che la ritengono una strana, forse mezza matta. E poi dappertutto un tanfo di gas. Elisa non c’è, è sparita. Cosa è successo durante la notte? Perché i pensieri sono sfuggenti? Dov’è e chi è Elisa?
Attraverso la ricerca di risposte, pagina dopo pagina, entriamo nell’universo di due persone alla deriva, incapaci di comunicare, seppur così simili nei loro silenzi e nella nausea per la vita. Non ci si affeziona a loro, il contrario. Io ho provato una decisa idiosincrasia per entrambe. E ho avuto voglia di terminare il libro il prima possibile, non solo per conoscerne l’esito, ma soprattutto per liberarmi di loro e dell’apnea che mi hanno costretto a vivere fino alla fine.
Pillola di acidità
“Salutami Simona, dille che sono antipatica, intrattabile, indegna, dopo che si è fatta in quattro per organizzare questa ridicola giornata” (Pag. 91)
Ecco, queste sono le parole che userei io per definire, per l’appunto, Ada.
Cenni biografici
Carmen Totaro è nata nel 1974 ed è cresciuta a Monte Sant’Angelo, nella provincia di F. Da venti anni vive e lavora a Milano. Nel 2015 ha esordito per Rizzoli con “Le piene di grazia”. Ambientata nella sua terra, l’opera ci restituisce l’immagine contraddittoria di una Puglia dal senso religioso profondamente radicato, ma brutale nelle sue faide e nella violenza perpetrata verso e tra le donne. L’opera, finalista al premio Calvino, tocca tematiche sensibili e care all’autrice che ne riverbera ricordi della sua infanzia. Nel 2021 ha pubblicato, per Einaudi, “Un bacio dietro al ginocchio”.